Differenze tra "ti amo" e "I love you"

Come ci spiega Filomena Fidulli Sorentino (2015), la lingua italiana, a differenza di quella inglese, ha due diversi modi di esprimersi per manifestare un sentimento amoroso:

  • ti voglio bene” 
  • ti amo” 

Significati del “ti voglio bene” e del “ti amo” nella cultura italiana

Questi due termini nella lingua italiana sono utilizzati generalmente in modi differenti e contesti diversi.

È particolare come, gli italiani, usino e modifichino le parole per esprimere il sentimento dell’amore.

Il “ti amo”: la maggior parte delle persone di cultura italiana, tendono a non dire e usare la parola “ti amo” con parenti o amici.  Per la maggior parte degli italiani, il sentimento legato all’amore è confinato tra l’amante e l’amato e declinato esclusivamente nel rapporto passionale. 

Difficilmente, questa espressione affettiva è pronunciata tra familiari o tra amici. In Italia, tale espressione, viene, appunto, usata, in modo esclusivistico, tra due fidanzati, amanti  con cui si condivide una relazione sentimentale e amorosa.

Il “ti voglio bene” è quell’espressione che al contrario del “ti amo”: non ha connotazioni passionali o d’intimità. Esprime, comunque, un sentimento di affetto e un legame particolare connotato da sincerità, lealtà e amore verso l’altro al quale la frase viene espressa.

E nella cultura anglosassone…?

In inglese, non esiste la distinzione tra il “voler il bene” e il “ti amo”. Tutti utilizzano, come espressione per le persone che hanno a cuore: “I love you”. 

L’amore è visto come un affetto costante e fortemente radicato nei confronti dell’altro; un affetto intenso caratterizzato da una profonda devozione o tenerezza.

Nella cultura anglosassone, la parola “ti amo” viene usata in modo indistinto per esprimere affetto e amore ai genitori piuttosto che ad amici o persone per le quali si prova affetto  e non esclusivamente al partner con cui si instaura una relazione affettiva e sessuale.

Ma negli ultimi anni…

Sempre più italiani cominciano a integrare, nel proprio vocabolario, la parola “ ti amo” o “I love you”  inserendola e utilizzandola maggiormente rispetto a qualche generazione prima, per poter esprimere il proprio voler bene, non solo più al proprio amato, ma anche ai propri amici e familiari. 

Da dove deriva il termine “amore”?

Carlo Rosso (2015) riporta una breve analisi sulle “parole dell’amore” ispirandosi a un testo di Igor Sibaldi (2014), traendone alcune considerazioni interessanti. 

Nelle lingue europee il termine “amore” deriva da un termine di origine latina: Amor; il quale a sua volta risale da una parola sanscrita: Kama

Hanno entrambi significati simili e indicano il desiderio sessuale e l’eccitazione che derivano dal piacere che si può trarre dal guardare, ammirare e toccare o possedere le forme di un determinato corpo.

Le lingue neolatine non posseggono un termine non sessuale per definire l’amore, dovendosi così adattare all’uso del medesimo termine, ricorrono a limitazioni o precisazioni che ne neghino, così, il significato originario dello stesso, specificando di alludere ad un’altra forma di amore.

Le lingue neolatine danno al termine amore una connotazione, più che altro, sessuale, ove il soggetto è spinto a possedere in modo carnale e sessuale la persona, definendola in base al proprio personale piacere.

Nelle lingue anglosassoni ci si trova, invece, ad affrontare il problema opposto, in quanto, la parola love in inglese, piuttosto che la parola liebe per il tedesco, caratterizzano e indicano in modo più specifico l’amore non sessuale. Il termine da cui queste parole derivano è Leubh che significa  “avere caro”. 

Chi sperimenta la lettura, di tipo anglosassone, della parola “love” ha come fine principale il bene dell’altra persona dove si  cerca di far stare meglio la persona, di quanto stesse prima dell’incontro; in questa accezione si sperimenta, soprattutto, il piacere del condividere e stare con l’altro. 

E quindi…

La parola “amore”,utilizzata nelle lingue neolatine, favorisce la procreazione dei figli e spinge al godere della persona amata che ha acceso ai nostri desideri.

Il termine “love”, delle lingue anglosassoni garantisce, invece, che i figli siano accuditi sino all’età adulta aiutandoli all’aprirsi al mondo, sottolineando, in questo senso, l’obiettivo cardine dell’amore: donare piacere alla persona amata o che semplicemente ci è cara.

Carlo Rosso (2015) sostiene, che l’amore è trascendentale e per questo motivo è sì attraente, ma allo stesso tempo non potrà mai essere sicuro nella sua totalità. In questo senso l’autore ci spiega che, secondo il suo punto di vista, l’amare una persona in maniera totalitaria sia pericoloso, in quanto, quest’ultima potrebbe prendere una strada differente col passare del tempo. È fondamentale, perciò, coltivare l’ignoto e l’incertezza come parti fondanti del certo e del prevedibile; solo in questo modo è effettivamente possibile affidarsi e fidarsi dell’altro.

“Il bisogno di sicurezza è dunque il killer della passione sessuale” (Rosso, 2015)

In questo senso, il vivere in due e percorrere assieme le proprie strade di vita significa vivere un futuro non certo e determinato ma sconosciuto e da scoprire e affrontare assieme.

L’amore duraturo non si fonda, quindi, sul certo, sul sicuro e garantito ma, piuttosto, sul coraggio dei due amanti di scoprire e percorrere assieme l’indeterminato.

Perché la passione intima e amorosa non vada man mano affievolendosi o cada inesorabilmetne verso il buio totale, è necessario ristabilire un confine  definito “Extimità” tra i due partner, trattandosi da stranieri; se a primo acchito potrebbe sembrare un movimento che rema controcorrente è, invece, ingrediente ed elemento fondamentale perché i due amanti continuino a sentirsi intimi, riscoprendosi giorno per giorno e non perdendo, così, la fantasie e la capacità di erotizzare il proprio compagno. 

La passione che è legittimata nei rapporti sessuali tra i due amanti dovrebbe far sì che entrambi i partner possano, per la durata della stessa, essere trattati come “estranei” perché quest’ultima non si esaurisca dalla troppa conoscenza che, con il passare del tempo, si pensa aver acquisito sulla sessualità dell’altro. 

È bene ricreare, ogni volta, quella frontiera necessaria perché la passione amorosa possa essere rialimentata, esibita e accolta come novità.

Porre queste frontiere nell’atto sessuale crea il beneficio del potersi riscoprire e sperimentarsi, autoalimentandosi sempre con lo stesso trasporto emotivo e la medesima carica erotica.